Gioele Panichi, classe ’96, vive a Castiglion Fiorentino, appassionato delle nobili arti della musica e della pittura, fin dalla tenera età ha sempre avuto un piccolo grande sogno nel cassetto.
Parlaci un po’ meglio di questo progetto
«Fin da piccolo ho sempre amato disegnare. Nello specifico mi piaceva tantissimo disegnare case. Nonostante il mio percorso scolastico sia partito con il Liceo Musicale, finite le superiori, ho dato un cambio di rotta al mio percorso e attualmente sono iscritto all’Università di Architettura di Firenze, Questo perché ho ritenuto corretto per me stesso rispettare il mio sogno di bambino, che era chiuso in un cassetto da troppo tempo: disegnare case. Voglio rendere reale, tangibile ciò che la mia immaginazione mi porta a progettare. Mi sono sempre riconosciuto in una persona ricca di fantasia e di idee, ritengo che, vedere realizzato un proprio progetto, sia la più grande delle soddisfazioni. Questa passione, sono più che certo, che mi sia stata trasmessa dai miei nonni, esperti falegnami. Posso ben dire che la componente genetica abbia contribuito nel concedermi questo estro alla creatività o che, perlomeno, la passione che ho per progettare, realizzare qualcosa che ho fatto proprio io, con le mie mani e la mia testa, sia stata soprattutto merito dell’amore che ci mettevano i miei nonni nel realizzare i loro manufatti».
Da musicista ad architetto ce ne corre di strada. Come è stato cambiare completamente percorso di vita?
«In realtà mi considero ancora al livello base. Infatti, ho sentito dire, che si parte dal piccolo per arrivare al grande. Purtroppo, oggigiorno, non c’è molta fortuna per i giovani architetti, ma la mia passione per questo mestiere non è mai svanita, anzi, non ha fatto altro se non far crescere in me la voglia di seguire questa strada. A differenza di quello che si potrebbe pensare, il mio studio non è collocato al quindicesimo piano di un palazzo. In verità il luogo da dove partono le mie idee e i miei progetti, è la mia camera da letto. Qui ho una scrivania con tre monitor, un foglio, una matita e, al bisogno, il mio fedele amico pianoforte. Il resto del materiale è la mia immaginazione. È proprio per questo che, anche nei miei progetti, tengo fede al bambino che è in me. Infatti, ho immaginato, e poi realizzato, dei mobili «a misura di bambino» a forma di animale, partendo da due figure molto simpatiche: una giraffa e un elefante. La simpatia di questi oggetti d’arredamento è stata, in realtà, una vera e propria sfida con me stesso, perché volevo vedere realizzato quello che fino a pochi attimi prima era solo una mia fantasia. Sono creazioni realizzate, principalmente, per le camerette dei bambini, ma posso dire che il mio lato «piccolo disegnatore» abbia fortemente calcato la mano su questi progetti».
Come hai fatto a rendere «reali» le tue creazioni?
«Sono sì uno studente di architettura, ma sono specializzato nell’interior design e nel rendering. Questa strana parola, nel settore della computer grafica, identifica il processo di generazione di un’immagine a partire da una discrezione matematica di una scena tridimensionale, che a sua volta viene interpretata da algoritmi che definiscono il colore di ogni punto dell’immagine digitale. Basta questo per capire che è molto meglio partire da un programma al computer per realizzare un progetto anche perché si può vedere subito dal monitor come sarà realizzato il tuo progetto nella fase finale. Quando ho avuto l’idea della giraffa e degli elefantini, il rendering mi ha aiutato tantissimo a rendere reale quello che era solo nella mia immaginazione. Penso che la cosa più bella di realizzare questa tipologia di mobili sia il fatto che ho sempre pensato a chi fossero i destinatari: i bambini».
Come hai intenzione di realizzare il tuo «sogno nel cassetto»?
«Ho intenzione di procedere su questa strada «step by step». Tra l’altro sono un grande appassionato di fotografia e, sia nel tempo libero che a volte per lavoro, mi diverto molto a realizzare degli scatti. Tra le altre cose, ogni tanto, mi diletto anche nella pittura. Ma nel mio immaginario lavorativo, ho intenzione di tirare su uno studio tutto mio, affiancato da un team. Desidero poter realizzare con loro un sacco di progetti e di renderli reali. Sono sicuro che il piccolo Gioele sia molto felice per me».
Martina Concordi