Domenica 27 Agosto alle ore 18.00 un momento per conoscere la mostra: «Livorno. L’eredità della pittura macchiaiola da Ulvi Liegi a Oscar Ghiglia», grazie all’incontro di approfondimento con la curatrice Simona Bartolena, nel chiostro del Centro Convegni S. Agostino. Ingresso libero
La mostra si concentra su un particolare momento della storia dell’arte italiana dell’Ottocento: la più tarda fase evolutiva della pittura di macchia, quando, negli ultimi decenni del secolo, l’eredità dei vecchi macchiaioli si trasforma e trova una nuova identità nelle ricerche di alcuni giovani pittori, cresciuti nella venerazione dei maestri ma intenzionati a modificarne radicalmente le istanze e i modi.
In questo periodo la città di Livorno assume un ruolo di primo piano nella scena culturale toscana. Meta turistica, ma anche sede di un importante porto, la città vive un momento molto florido, soprattutto per le arti visive, la letteratura, la musica e il teatro.
Nelle ricerche pittoriche degli artisti residenti in città è ancora chiara l’eco della lezione macchiaiola. Giovanni Fattori (nato a Livorno e spesso di ritorno in città), Silvestro Lega (che si recava a dipingere al Gabbro) e Telemaco Signorini rappresentano per molti giovani pittori un riferimento umano, quasi etico, oltre che artistico. Pur con questa profonda ammirazione nei confronti dei maestri, però, le nuove generazioni sentono l’esigenza impellente di superare le istanze della Macchia, in direzione di un maggior coinvolgimento emotivo da parte dell’artista nella creazione. Il vero tout court non basta più. Gli artisti vogliono ora raggiungere quella che Llewelyn Lloyd definisce “la vera emozione sentita”. Le ragioni più profonde della rivoluzione nata alla metà del secolo tra i tavoli del Caffè Michelangelo già vent’anni dopo stavano perdendo di interesse.
Nello studio di Guglielmo Micheli, tra Borgo San Jacopo e Borgo Cappuccini, nel quartiere vicino a Piazza Mazzini, si riuniscono alcuni artisti, tra i quali Llewelyn Lloyd, Gino Romiti, Renato Natali, Antonio Antony de Witt, Giulio Cesare Vinzio, Benvenuto Benvenuti, Oscar Ghiglia e Amedeo Modigliani, che già si distingueva quanto a personalità. Quasi tutti esponenti della media o alta borghesia cittadina, essi rifiutano l’insegnamento accademico e cercano in Micheli nuovi stimoli per le loro ricerche. Nello studio – ricavato dalla serra di casa – Micheli trasmette loro la lezione di Giovanni Fattori, lasciandoli per il resto liberi di seguire le proprie attitudini. Micheli sa comunicare loro la metodologia di visione e ricostruzione dello spazio per sintesi e il valore della struttura architettonica nella composizione pittorica propri dell’opera di Fattori, suggerendo loro però di reinterpretare liberamente la Macchia, anche alla luce di alcune nuove tendenze in atto nella pittura europea.
In quegli anni a Livorno crescono alcune delle principali personalità della scena artistica degli anni successivi. Ci sono artisti, quali Mario Puccini, Giovanni Bartolena e Renato Natali, che hanno incarnato l’anima di questa città nella loro pittura, radicandovisi anche dal punto di vista della loro ricerca. Livorno e i suoi dintorni vive nelle loro tele e condiziona le loro scelte personali.
Le opere esposte in mostra – firmate da alcuni dei principali maestri livornesi dell’epoca e provenienti da collezioni private di diverse aree della penisola – raccontano questo cambiamento radicale: il passaggio dalla lezione “del vero dal vero” della pittura di macchia alla modernità espressa nelle sue più varie forme. Dalla tavolozza espressiva ed emozionale di Ulvi Liegi, al rigore cezanniano di Oscar Ghiglia, dalla tendenza divisionista di Plinio Nomellini all’ingenuità quasi ostentata di Giovanni Bartolena.
In mostra opere di: Guglielmo Micheli, Ulvi Liegi, LLelwelyn Lloyd, Giovanni Bartolena, Mario Puccini, Plinio Nomellini, Gino Romiti, Renato Natali, Oscar Ghiglia.