Lucrezia ha compiuto 14 anni l’8 maggio. “La mia ragazza è caparbia ma anche sorridente ed estremamente combattiva. Piange solo quando sta veramente male”. Mamma Tessa spiega che non tutti i bimbi disabili sono eguali perché ognuno ha il suo carattere. E quello di Lucrezia è forte. Sorride ma nella sua breve storia ci sono 16 broncopolmoniti: la prima a 4 mesi. Diversi ricoveri in terapia intensiva. Crisi epilettiche. Difficoltà con l’udito, la vista, l’alimentazione. Un solo mese apparentemente privo di problemi: il primo della vita.
“Dal secondo mese ha cominciato a manifestare i problemi che poi si sarebbero aggravati con il tempo – racconta mamma Tessa. Un primo mese di terapia intensiva, poi le crisi epilettiche. A sette mesi il sondino per l’alimentazione. Dalle terapie intensive alla neuropsichiatria infantile”.
Adesso ha 14 anni. Un traguardo apparentemente normale. “Un miracolo” – come lo definisce la mamma – per Lucrezia.
Tessa e il marito Roberto non si sono fatti schiacciare dall’ansia e dal dolore. Lucrezia aveva già un fratellino di 17 mesi, Tommaso. E poi ha avuto anche una sorellina più piccola, Maria Vittoria, che adesso ha 6 anni. Un po’ di paura dei genitori per il terzo figlio ma nulla di più: “Maria Vittoria era già nel mio cuore di mamma da tanto tempo”.
Lucrezia ha dato e continua a dare molto alla sua famiglia. “La malattia non è solo di una persona perché cambia la vita di tutti – ricorda Tessa. Lei ci ha insegnato a riconoscerle lo stato di bambina e quindi di persona prima di quello di malata grave ed è per questo motivo che abbiamo chiesto per lei un Progetto di vita, che coordinasse tutti i professionisti che affiancano la nostra famiglia nella gestione ordinaria e straordinaria di Lucrezia. Un grande ringraziamento va al nostro pediatra di base, Simone Milli, che ci accompagna da tanti anni con professionalità, umanità e discrezione”.
14 anni che Tessa, Roberto, Tommaso e poi Maria Vittoria hanno percorso insieme a Lucrezia passo dopo passo. “Con noi abbiamo avuto i nostri parenti ma anche medici e infermieri. Averli vicini non solo in ospedale ma anche a casa è stato fondamentale”.
Gli Infermieri sono quelli del Valdarno che con il loro progetto “I colori delle farfalle” sono stati premiati a Firenze dalla FNOPI, la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche.
“Le farfalle sono i bambini e gli adolescenti di cui ci prendiamo cura – spiega Laura Gambassi, Direttrice Infermieristica della Zona Distretto Valdarno della Asl Tse. Lucrezia è una di loro. Sono bambini molto fragili che hanno bisogno di un piano di assistenza personalizzato e di un progetto di vita dedicato. L’infermiere di famiglia “care manager” coordina il progetto assistenziale attraverso l’attivazione della rete tra la famiglia, il bambino, il care giver e gli atri professionisti del team. Fondamentale inoltre l’integrazione tra ospedale, territorio scuola e tutte le risorse della comunità”.
Barbara Falugiani è l’Infermiere coordinatrice (operation manager) del servizio: “le patologie croniche in età evolutiva alterano le condizioni del bambini e ne limitano le attività quotidiane. La famiglia ha un ruolo centrale e il nostro lavoro è anche quello di mettere i genitori nelle condizioni migliori per assistere il figlio. Quindi gli interventi per l'”autogestione” della malattia: dalla mobilizzazione all’alimentazione al mantenimento delle pervietà delle vie aere, richiedono attività infermieristiche dirette e di tipo educativo”.
I destinatari delle cure infermieristiche sono particolarmente fragili: “alcune farfalle volano… altre si posano”, ricorda Laura Gambassi.
Patrizia Castellucci è la Direttrice della Zona Distretto Valdarno Asl Tse: “la nostra caratteristica è quella di lavorare in team. Su bambini e in situazioni complesse, il gruppo multiprofessionale fa la differenza e consente la presa in carico con tutti i professionisti della Zona e, quando serve, con quelli al di fuori di essa. Un lavoro che si fonda sul progetto di vita per la persona che abbiamo in carico e che condividiamo con la famiglia”.
Lucrezia continua a volare. “Noi genitori dobbiamo rimanere freddi e lucidi per sapere cosa fare in ogni momento – afferma mamma Tessa. E con gli anni impariamo sempre di più. Per lungo tempo ho combattuto solo per me, ma poi ho capito che tutta questa fatica, questa sofferenza, questa Vita non hanno senso se rimangono chiuse in noi e solo per noi”. Nessuno toglie ai genitori un grammo delle loro responsabilità: “mio marito dice sempre che noi abbiamo molte persone con noi ma quando alla sera chiudiamo la porta, siamo solo noi, la nostra famiglia”.
Rimangono, comunque, cuore e tempo per pensare agli altri: “quando allattavo Lucrezia avevo più latte di quanto lei potesse prendere. Così, ogni volta che andavamo a Careggi, ne portavo sempre con me per darlo alla Banca del latte dell’ospedale”. Oggi fa volontariato nella sua città del Valdarno.
Non si ferma mai. Lucrezia è una bambina caparbia e combattiva e la sua è una famiglia determinata: “abbiamo sempre combattuto con lei e ogni giorno cerchiamo di darle la vita migliore di cui siamo capaci”.