Un mercoledì di una calda estate, un grande magazzino del Casentino, la voglia di fare shopping, queste le premesse della giornata vissuta da Pietro Tondelli 58 anni di Bibbiena che improvvisamente si è trasformata in un incubo: il cuore che si ferma, il buio e la paura.
“La storia di Pietro, dichiara Massimo Mandò direttore del DEU della Asl TSE, rappresenta un vero esempio positivo di come può funzionare il sistema sanitario d’emergenza. Per questi risultati, però, è fondamentale che anche i cittadini e la comunità partecipino attivamente.
Nei luoghi affollati, ad esempio, devono essere presenti, come è previsto dalla legge, i defibrillatori e ci devono essere persone formate per l’emergenza, ma spesso non è così. Nella nostra provincia grazie al progetto “Arezzo Cuore” abbiamo circa 1100 defibrillatori e oltre 35mila persone formate al suo utilizzo. Sono numeri senza dubbio importanti ma che non ci possono bastare. Il nostro obiettivo rimane quello di aumentare il numero di defibrillatori e aumentare la cultura del soccorso, arrivando anche nei grandi condomini o nei complessi abitativi.”
“Divido la mia disavventura in due fasi ben distinte racconta Pietro Tondelli: la prima legata al ricordo del mio ingresso nel supermercato. La seconda alla fase in cui sento delle voci che mi chiamano, ma è tutto molto confuso. Solo dopo l’intervento chirurgico in ospedale ad Arezzo comincio ad avere dei ricordi più netti e precisi e a realizzare di essere ancora vivo. Ricordo di aver pensato che se non ero morto era solo per il fato.
Poi, però, ho capito che non è solo questione di fortuna, non ci fosse stato un defibrillatore ed una persona come Valentina, preparata ad intervenire, probabilmente non sarei qui. Vorrei anche ringraziare i professionisti del 118, i medici e gli infermieri di cardiologia del San Donato, uomini e donne eccezionali, preparati e sempre disponibili.
Insomma per farla breve, la tanto bistrattata sanità pubblica, almeno per quanto mi riguarda, ha fatto ben oltre il suo dovere e merita in pieno tutta la mia riconoscenza.”
Valentina Mencherini, infermiera del distretto sanitario di Arezzo è colei che è intervenuta:
“Ero li per fare la spesa con la mia bambina che improvvisamente mi chiede: -mamma come mai quel mobilino del pane si muove?- Mi giro e noto delle persone piegate in avanti. All’inizio ho pensato raccogliessero del cibo, poi ho visto che stavano adagiando un uomo a terra. Intorno c’era un silenzio totale. Mi sono subito avvicinata e insieme a due clienti abbiamo posizionato Pietro a terra. Non c’era tempo da perdere e ho chiamato immediatamente il 118 iniziando subito l’ RCP. Erano le 16:59. Nel frattempo mi era stato portato il defibrillatore. In quel momento devo dire di aver avuto un istante d’esitazione ma poi mi sono detta: è lui che me lo chiede, il ritmo è defibrillabile!”. Ho proceduto alla scarica e continuato il massaggio. Pietro ha ripreso a respirare, come succede nei film! Ho cercato di rassicurarlo e spiegare cosa era successo. Ho chiamato di nuovo il 118 per avvisarli che aveva ripreso conoscenza. Erano passati solo dieci minuti.
Poi è arrivata l’ambulanza ed è stato trasportato in ospedale.
Questo dimostra quanto la formazione anche del singolo cittadino insieme alla presenza su tutto il territorio di defibrillatori possa trasformare un tragico evento in un lieto fine, come è accaduto a Pietro.”