“Tutino Giornalista” al Premio Pieve 2024: Giorgio Diritti “Città del diario” e una riflessione su Ilaria Alpi/Miran Hrovatin

Per il 40esimo Premio Pieve l’Archivio dei diari riserva un incontro e uno spazio di riflessione nell’ambito del Premio Tutino Giornalista a Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, a trent’anni dalla loro uccisione, come “esempio altissimo di vocazione giornalistica, animato da valori e da una passione che dobbiamo continuare a raccontare alle nuove generazioni” e attribuisce il Premio “Città del diario” al regista Giorgio Diritti “per lo spessore del suo impegno civile e per l’incessante attenzione che dedica alle storie marginali”.

Il PREMIO TUTINO GIORNALISTA è stato creato per offrire un riconoscimento simbolico alle
nuove leve che ogni giorno onorano con capacità, entusiasmo e dedizione la professione che Tutino ha
più amato. Attribuendolo a Ilaria Alpi e Miran Hrovatin l’Archivio Diaristico desidera contribuire a tenere
viva l’attenzione sul tragico episodio accaduto domenica 20 marzo 1994 a Mogadiscio, in Somalia, nella
speranza che un giorno non lontano sia possibile ascoltare parole di verità su quanto avvenne.
All’incontro in programma venerdì 13 settembre alle ore 15 partecipano Hassan Ahmed, uno degli autori
del progetto DIMMI-Diari Multimediali Migranti, il giornalista Maurizio Mannoni, lo storico e africanista
Alessandro Triulzi, e inoltre Francesco Cavalli, produttore televisivo, e Walter Verini, senatore ed ex
presidente della Commissione Giustizia del Senato, da sempre vicini alla famiglia Alpi. Sarà presente Gloria
Argelés.
A distanza di molti anni sappiamo che Ilaria e Miran erano lì per seguire il ritiro delle truppe statunitensi
da un Paese lacerato da anni di guerra civile, per conto della Rai. Sappiamo anche che stavano
indagando in parallelo su un presunto traffico internazionale di armi e di rifiuti tossici che, con la
copertura della missione umanitaria, avrebbe coinvolto anche società italiane. Ma dopo la raffica
di kalashnikov è calata una nebbia fitta sulle circostanze e sui mandanti del loro omicidio. Una nebbia
fatta di depistaggi, ritardi nelle indagini, coinvolgimento di innocenti come Hashi Ali Assan, poi
scagionato e scarcerato in seguito a una revisione del processo determinata da una inchiesta di Chiara
Cazzaniga per la trasmissione “Chi l’ha visto?”. È in corso una lunga e controversa vicenda giudiziaria,
per questo ancora oggi la battaglia e l’impegno sono quelli per dare nuovo impulso alle indagini su
cause e depistaggi del duplice omicidio.
Giorgio Diritti riceverà domenica 15 settembre il PREMIO CITTÀ DEL DIARIO, rivolto alle  personalità del panorama culturale che più si distinguono per il loro lavoro sulla memoria, nell’ambito della manifestazione conclusiva del Premio Pieve 2024.

Il cinema di Giorgio Diritti affronta grandi temi dal valore universale, dall’identità culturale al disagio psichico, dalla libertà di espressione alla memoria, all’infanzia. Al contempo, il suo sguardo attento si è sempre posato sulle vicende degli oppressi, sulla natura delle comunità più circoscritte, fin dall’esordio con Il vento fa il suo giro e il successivo L’uomo che verrà, ricostruzione storica dell’eccidio di Marzabotto raccontato attraverso la visione corale di una comunità agricola.
E nel 2023 Lubo, la sua ultima opera che pone al centro il dramma di una minoranza nomade, gli Jenisch, protagonisti loro malgrado di una buia pagina di storia contemporanea che ha avuto per sfondo la democratica Svizzera. «Nella vicenda di Lubo c’è anche qualcosa di autobiografico», ha raccontato Diritti, «perché è vero che io sono di Bologna ma i miei genitori erano istriani e hanno subito, come altri
miei parenti, la fuga forzata dal loro Paese per motivi etnici. Ricordo, quindi, che la comunità degli jenisch, cui fa parte il protagonista, ha subito una persecuzione simile a quella degli ebrei, dei Rom e dei sinti negli anni del nazismo, persino in un paese ritenuto civile e neutrale come la Svizzera». La eco lontana di un richiamo autobiografico e la consapevolezza che nella storia del popolo jenisch è racchiuso
un monito per il presente, rivolto a tutti, affinché restiamo vigili in tempi di nazionalismi che ritornano.